L’arte
Svelare, riscoprire, rivalorizzare il quartiere della Contrada Antenore, sono stati gli obiettivi dell’azione principale di Innesti Urbani. Attraverso quattro percorsi artistici (musica, teatro, audiovisivi e arti visive), il progetto ha voluto dare luce alla zona e mettere in collegamento le persone allo scopo finale di riappropriarsi dello spazio. Prima del grande evento finale previsto a settembre, mi sono interessata al lavoro di qualche artista che ha partecipato all’iniziativa.
Offrire un continuo cambiamento del punto di vista, rimettere in gioco le prospettive dei luoghi, riflettere la dialettica tra spazio pubblico e privato, svelato e nascosto. Questo è stato il lavoro richiesto ai numerosi artisti che hanno partecipato a Innesti Urbani. Durante i mesi di attività ciascuno di loro è stato invitato a «mettersi nei panni di un flâneur» e a lavorare su suggestioni, tracce o modalità di ricerca di spazi vuoti, poco visibili oppure dimenticati dai cittadini. Tra di loro, Eleonora Sovrani, Fabio Orsi, Martina Dinato, Miriam Secco e Lucilla Esce.
Workshop e oggetti abbandonati
«L’obiettivo è stato di raccontare una storia, non di documentare il posto, ma di lavorare in maniera soggettiva partendo da un luogo preciso» spiega Fabio Orsi. Musicista e fotografo, ha animato per tre giorni un workshop di scrittura e ascolto sul paesaggio sonoro della Contrada Antenore. Dopo qualche passeggiata nel quartiere per scattare una serie di foto e catturare suoni, il gruppo ha lavorato alla realizzazione di una traccia sonora accompagnata da tre foto, visibile al pubblico qualche giorno in via del Santo.
Nello stesso locale, al civico 61 di via del Santo, la gente di passaggio poteva incontrare gli Abbandonati di Lucilla Esce. Questi oggetti trovati dall’artista erano presentati con il loro cartellino, dando al negozio l’illusione di avere degli articoli in vendita. Chi fosse stato interessato poteva prenderne uno, «parte dell’interiorità mia che incontra un’altra in un luogo preciso e funziona così come una specie di work in progress».
Alla ricerca del Santo
In un altro negozio, una libreria di via San Francesco, Eleonora Sovrani ha presentato il suo lavoro fotografico incentrato su un’immagine importante della città di Padova: il Santo.
«Ho raccolto delle tracce del Santo in questa zona specifica, incontrando le persone che abitano o lavorano qui, e ho fotografato situazioni spesso contenute in un contesto specifico in cui queste immagini si trovavano: questo per mettere in relazione le due cose e chissà, stimolare la curiosità di vedere se si possono trovare altre tracce del Santo all’interno dei libri».
Creare dei contatti e aprire delle porte
«Non è vietato leggere ad alta voce!» Ecco una delle frasi che si può sentire in via San Francesco. Miriam Secco e Francesco Nordio hanno infatti immaginato una performance vocale con l’idea di creare un contatto con il pubblico di passaggio nella via.
«Abbiamo scelto il tema del divieto partendo dall’idea che aumentano una percezione disinteresse dello spazio. Quindi abbiamo pensato a tutta una serie di cose che si possono fare ma per ragioni morali o etiche non si fanno e vedere come reagisce la gente».
In Via del Santo, è stato anche possibile scoprire o riscoprire un luogo nascosto con la performance dell’artista Martina Dinato, che per dare un nuovo punto di vista sullo spazio, ha immaginato una caccia al tesoro con sette fotografie nascoste.
«La possibiltà di vedere qualcosa di nascoto è anche riuscire ad aprire una porta. È scoprire».
Un esperienza più che un opera
Il progetto di Innesti Urbani non ha avuto l’unico scopo di presentare e giustapporre diversi interventi artistici nel quartiere della Contrada Antenore. Anzi ha provato a ricreare un attività e di interpellare i passanti. I numerosi interventi avevano l’obiettivo di creare un contatto diretto con il pubblico, mostrando che l’arte contemporanea non è sempre un arte distante e inaccessibile.
Per Lucilla Esce, oggi l’arte contemporanea è: «un arte che cerca di entrare in contatto con le persone comuni e con il territorio dal basso, perché è lì che si rivela veramente interessante. Permette di interagire e creare un rapporto che non sia un rapporto univoco ma bi-univoco. L’artista realizza l’opera pensando ad un luogo, pensando a delle persone, cercando di coinvolgerle e questo rende tutto molto più interessante. È un’arte, in questo caso, che cerca di creare un’esperienza più che un’opera».
Un primo passo verso un quartiere ridisegnato
L’obbiettivo di Innesti Urbani è stato di riportare in vita un area specifica del centro città di Padova, che con il tempo ha visto cessare numerose attività, diventando progressivamente un area di transito. «Rispetto alle aspettative iniziali che si hanno quando si prepara un progetto di questo tipo, al momento si può rimanere un po’ delusi» afferma Miriam Secco. «Però secondo me si crea una tendenza con altre iniziative del genere e alla lunga potrà far parte integrante della zona. In generale l’apporto si può comprendere nel tempo. Non è una cosa che ti da sul momento un risultato, anzi. Per il momento è bene che questa necessità di svegliare e svelare sia esplicitata e quindi è già un azione, qualcosa di attivo. L’importante è che ci siamo, insomma».