Le relazioni affettive 2.0: Social Network trappola o libertà?

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di Laila Groppi

Il Social Network si configura, attualmente, come lo strumento che più gratifica le smanie di comunicazione di questa società. Quelli più utilizzati sono Facebook, Twitter, Google+, Instagram, Myspace. Chiaramente Facebook per livello, dedizione e modalità di utilizzo vince su tutti.
Per lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni sociali il passaggio dal telefono fisso ai Social Network avviene in un batter d’occhio, portando a ridurre drasticamente l’uso degli anelli intermedi di questa catena (sms, email, chat, blog). I Social sono una specie di grandi contenitori: posso scrivere come mi sento, cosa faccio, dove vado, chi incontro, dove sono; posso sentire i miei amici in tempo reale singolarmente o collettivamente; posso usarli come piattaforma per pubblicare i miei lavori, per farmi promozione e infine posso usarli per… CONTROLLARE.

Basti pensare all’utilizzo che si fa di facebook (ora anche di twitter) come strumento di lavoro. La comunicazione tradizionale si è spostata massivamente online, questo per i naturali trend evolutivi delle nuove generazioni: è molto più facile trovare un giovane (e non solo) con un pc in mano piuttosto che con una rivista. Gli sviluppatori di facebook, attenti a questo cambiamento, hanno negli anni modificato l’utilizzo di alcuni servizi che la piattaforma offre, come la possibilità di taggare e citare, la gestione degli eventi e le sponsorizzazioni organiche e a pagamento, fino a portare alla nascita di una nuova branca del marketing chiamata Social Media Marketing. La velocità, l’economicità, l’interconnessione, le visualizzazioni e il numero di persone raggiunte con il messaggio pubblicitario sono davvero considerevoli. Non siamo ancora al pari del mezzo televisivo ma la strada è indubbiamente in salita, soprattutto per le attività economiche piccole o operanti nel locale che non possono investire ingenti quantità di denaro in comunicazione.

Questa premessa è necessaria per capire la potenza del mezzo nel veicolare le informazioni. Se viene “sfruttato” in questo modo in ambito pubblicitario è facile capire come un soggetto alla ricerca di una qualche forma di accettazione sociale lo utilizzi per le proprie considerazioni personali al fine di ottenere feedback positivi dai propri “amici”. Il termine “amico”, invece che contatto, è infatti scelto appositamente per ricreare nel virtuale uno spazio confortevole e (paradossalmente) privato: posso scrivere nel mio status quello che voglio tanto lo leggono solo i miei “amici” (che poi sono un migliaio!?!) perché ho le impostazioni sulla privacy!
Sembra quasi che il sopracitato bisogno di accettazione venga soddisfatto maggiormente online dai “mi piace” e dai trend positivi del proprio status piuttosto che offline, fino a generare un vero e proprio aumento dell’autostima.

Facebook può quindi essere visto come uno strumento anti timidezza: usato con astuzia può rafforzare le relazioni off line. Ad esempio impostando uno status del tipo “mi trovo a…” do indicazioni precise sulla mia presenza fisica che mi consentiranno di incontrare di persona amici che sono nel mio stesso luogo. Ma anche i miei stessi amici-contatti possono fornire informazioni su di me. Infatti il modo in cui gli “altri” ci percepiscono on-line dipende da tre classi di fattori:

  • self-generted: informazioni messe a disposizione da noi;
  • system-generated: informazioni generate dal software;
  • friend-generated: informazioni fornite dai nostri amici su di noi.

A questo punto viene da chiedersi: che riflesso ha nell’intimità delle relazioni interpersonali tutto ciò?
Gli aspetti da considerare sono il controllo, già accennato, e l’amplificazione delle proprie emozioni.
Nel primo caso sia che si tratti di una relazione neonata o di una stabile l’utilizzo dei Social a scopo investigativo non è escluso. Si tratta in realtà di una forma bonaria di stalking collegata magari ad una carenza di fiducia, che può portare all’aumento o alla diminuzione della stessa: è solo l’ennesimo strumento dopo il cellulare e la posta elettronica per scoprire altarini o eliminare i sospetti di un comportamento che può minare la coppia. Pericoloso soprattutto nei casi di dipendenza affettiva.

Per il secondo caso invece si pensi banalmente a quando ci si sente stretti in una relazione, a quei momenti in cui salta il dialogo e si sente la necessità di avere delle conferme esterne o di confidarsi con qualcuno. Non serve che nel proprio profilo venga pubblicata la storia del proprio rapporto di coppia, ma utilizzando numerosi brevi e sarcastici status si possono bypassare le discussioni serie utilizzando facebook come prezioso alleato.
Ma qualsiasi altra considerazione si possa fare non dimentichiamo che tutto parte da un disagio o un proposito nella vita reale: i Social non possono porre fine a relazioni che comunque non sarebbero finite da sé, quello che possono fare è accelerare i tempi. In questo senso si parla di amplificatori di emozioni con la loro comunicazione immediata e aperta a tutti (basta davvero poco per far si che una critica si trasformi in polemica, un commento diventi un trend popolare, un’immagine sia condivisa e commentata per giorni, un evento riesca a raggiungere i più inaspettati partecipanti).

Si può quindi concludere che la gestione dei rapporti con l’altro/a ha subito un processo di evoluzione e adattamento ai mezzi moderni e non è possibile colpevolizzare lo strumento nel caso in cui si verifichino situazioni spiacevoli. L’individuo è senz’altro sottoposto a un numero maggiore di stimoli ma tutti potenzialmente… controllabili. Ecco che l’accezione di controllo si modifica e ritorna alla definizione classica, il soggetto decide come agire a prescindere dal fatto che questo venga esercitato offline o online.

Riassumendo: è troppo facile dare la colpa ad uno strumento per un fallimento amoroso o per la difficoltà di relazionarsi con gli altri, la REALTÀ è che siamo noi a veicolare le informazioni e per questo artefici del riflesso mediatico e reale della loro diffusione.