Un italiano a Nottingham

BJCEM (Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo) è un network internazionale fondato nel 2001 con l’obiettivo di creare nuove opportunità per giovani creativi e artisti. BJCEM, di cui è antenna locale anche l’Ufficio Progetto Giovani del Comune di Padova, crede fermamente nel ruolo che possono giocare arte e cultura nella società, al fine di favorire il rispetto e la comprensione per la diversità, scoprire e imparare i valori delle diverse culture che abitano la contemporaneità.

Alla vigilia dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, UK Young Artist e BJCEM hanno lanciato un bando per partecipare all’evento City Takeover: Nottingham 2019, che si è proposto come un momento provocatorio, un progetto che ha immerso i visitatori in una serie di straordinarie, innovative opere contemporanee. Sono stati oltre 200 gli artisti provenienti da tre diversi continenti che, attraverso arti visive, performance, musica e parole, hanno animato spazi culturali e luoghi insoliti della città di Nottingham.

Tra gli artisti italiani selezionati dall’Italia, abbiamo incontrato Fabio Ranzolin, che ha avuto l’occasione di partecipare attivamente a City Takeover e raccontarci cosa ha significato per lui.

Le foto sono di Reece Straw.

Quanto è stato importante per te poter partecipare a Nottingham City Takeover?

Molto. Sicuramente ti rendi conto che si tratta di un’esperienza fuori dall’ordinario, che ti dà l’opportunità di relazionare il tuo lavoro con quello di altri artisti coetanei, soprattutto internazionali. Convivere con centinaia di artisti da tutta Europa mette alla prova l’attitudine a relazionare il proprio lavoro con approcci diversi da quelli che hai imparato, innescando sorprendenti meccanismi mentali arrugginiti. Scopri così delle somiglianze ed assonanze comuni, che uniscono il pensiero della nostra generazione. Un’esperienza che senz’altro arricchisce, rinfresca le idee e stimola il pensiero.

Quanto sei riuscito a relazionarti con gli altri artisti?

Ritornato a casa mi rendo conto che questo progetto sembra proprio stato concepito per questo. Come spesso accade, all’estero capiscono il presente e il futuro in maniera più limpida che in Italia. È ormai chiaro che oggi l’approccio più funzionale sia quello di fare rete, intessendo sempre più connessioni tra noi artisti e figure del settore.

A Nottingham si percepiva la ruvida sensazione della brexit: qualcosa di decisivo cambierà le loro prospettive e la paura è quella di sentirsi soli, in un’isola senza Unione. Tutto il programma, quindi, era cadenzato per creare situazioni di incontro, in cui ogni protagonista poteva avere l’opportunità di condividere il proprio sentire ed il proprio lavoro.

È in situazioni come queste che gli incontri che fai e gli stimoli che accogli ti aiutano a collocare e ridimensionare la tua persona e il tuo lavoro.

Differenze tra Italia e UK nella ricezione del contemporaneo?

Non mi sento di avere un’adeguata risposta al riguardo senza dire banali ovvietà.

Mentre hai notato differenze o somiglianze tra Padova e Nottingham?

[Ride] In qualche modo sì, devo dire. È ovviamente una mia impressione, ma ho trovato parecchie somiglianze. Nottingham è una città piccola e vitale, ben servita e vibrante di giovani realtà. Sembra un centro aperto e fertile per iniziative ed eventi, tuttavia il bacino di interesse rimane marginale. Questa mia impressione si riflette sull’arte contemporanea. La risposta e l’attenzione dei cittadini agli eventi quotidiani gratuiti, ben pubblicizzati ed eclettici di UKYA richiamava a sé un basso numero di fruitori locali, ironicamente adulti. Esattamente ciò che succede a Padova! Seppur la città veneta si impegni costantemente con iniziative per giovani nel campo dell’arte, fatica a catturare l’attenzione della nostra generazione.

Nella tua opera, Have you ever tried to enjoy yourself with a pair of socks?, alludi a pratiche sessuali e all’autoerotismo, ma al contempo la lastra di marmo riconduce il discorso alla morte e alla sofferenza. Eros e Thanatos quindi. Che rapporto hanno queste due componenti nella tua poetica?

Il rapporto diretto che hanno nella vita di tutti noi. La mia poetica tenta di narrare le sfumature della nostra identità in quanto specie e in quanto cultura. Il lavoro che è stato selezionato è intrinseco di una leggerezza cupa e di un’ironia acre. I due calzini flosci pendono come due bistecche e sbucano da due orifizi su un corpo di marmo, orizzontale come quando verrà sepolto. Con il mio lavoro produco immagini, connessioni e costanti equivoci, nella speranza che il maggior numero di persone vi si identifichi.

In generale, quanto della tua storia o del tuo vissuto è presente nel tuo lavoro?

Si cerca sempre di non somigliare mai ai propri genitori. Ci si impegna, davvero! Con la convinzione di essere custodi di una consapevolezza, un senso critico, civico e un saper stare al mondo diverso da coloro che ti hanno cresciuto. Tutti noi siamo figli di qualcuno, ma siamo davvero una loro miglioria? Ci sono dei momenti, credetemi tragici, in cui mi accorgo che le insicurezze di mia madre mi inseguono come il cinismo di mio padre che mi direziona.

Per informazioni
Ufficio Progetto Giovani – area Creatività
via Altinate, 71 – 35121 Padova
Tel.: 049 8204795
Mail: pg.creativita@comune.padova.it